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giovedì 21 aprile 2016

II B TIVOLI I CENTRO BRASCHI

CARTELLONI A GRUPPI SUL RICICLAGGIO DEI MATERIALI







III B TIVOLI I BRASCHI

L'elettricità ...esperimenti in classe di Matteo e Gabriele





martedì 19 aprile 2016


ARMI E MEZZI DI TRASPORTO DELLA PRIMA  GUERRA MONDIALE
CLASSE IIIB TIVOLI I CENTRO
II H SAN GREGORIO 17/4/2006
CUORI CON CANNUCCE DI CARTA RICICLATA








lunedì 28 marzo 2016

La centrale idroelettrica

schema generale




La diga delle Tre Gole, denominata anche "Progetto Tre Gole", è una diga per la produzione di energia elettrica costruita sul Fiume Azzurro, nella provincia di Hubei in Cina, e rappresenta l'impianto con la maggiore capacità di produzione idroelettrica mai realizzato. È una centrale idroelettrica a bacino e per far arrivare l'acqua alle turbine sfrutta la pressione dell'acqua dell'intero bacino.
Completata il 20 maggio 2006, la diga fa parte di un più vasto complesso ad essa annesso, che è stato interamente ultimato nel2009.
Il progetto è stato fin dal principio contestato dalle associazioni ambientaliste per l'elevato impatto ambientale e per l'elevato numero di persone sfollate. La realizzazione dell'opera sarebbe stata necessaria per il contenimento del rischio di inondazioni nella parte meridionale del paese, per rendere navigabile l'alto corso del fiume Yangtze e per produrre energia elettrica. Con la sua capacità di 22.500 megawatt e 98,8 terawattora generati ogni anno, è l'impianto energetico più potente al mondo
La diga ha un'altezza di 185 m ed una lunghezza complessiva di 2 309,47 m. Il bacino è lungo più di 600 km esteso per più di 1 000 k e contiene 22 000 000 000  con l'acqua all'altezza normale di 175 m sullo sbarramento, con una capienza massima di 39 000 000 000 . La centrale elettrica è dotata di 27 turbine Francis ciascuna di 700 MW di potenza nominale per un totale di 18,2 GW. La produzione annua stimata è attorno ai 305 000 TJ ovvero 84,7 TWh annui cioè circa il 3% dell'energia elettrica consumata in Cina, che corrispondono a circa 140 milioni di barili di petrolio. La media portata del fiume alla foce è di circa 33 000 m³/s. La diga è in grado di avere una portata massima di 110 000-115 000 m³/s.
Il 3 luglio 2012 sono state attivate le ultime turbine[3], portando la centrale a pieno regime, con 32 turbine attive e un potenziale di produzione annua di 104 TWh. A monte della diga si trova la città di Chongqing. La costruzione prende il nome dalle tre gole attraversate dal fiume: la Gola di Qutang, la Gola di Wuxia e la Gola di Xiling.
La produzione di energia elettrica della diga delle Tre Gole risparmierà la produzione di gas e polveri inquinanti che sarebbero derivate dalla combustione di combustibili fossili. A tal proposito va ricordato che l'energia elettrica in Cina è prodotta in gran parte (75-80%) con il carbone. Inoltre grazie alla costruzione della diga, si sarà in grado di controllare le piene del fiume e renderlo, insieme ai suoi tributari, più sicuro da navigare
Per la creazione del bacino sono stati sommersi più di 1300 siti archeologici, 13 città, 140 paesi e 1352 villaggi che hanno comportato il trasferimento di circa 1,4 milioni di abitanti (sono 116 le località finite direttamente sott'acqua).[4][5] Le autorità cinesi prevedono il trasferimento di almeno altri quattro milioni di persone dalla zona delle Tre Gole nel periodo 2008-2023.
Molte specie animali e vegetali sono scomparse o scompariranno a causa della distruzione degli habitat in cui vivono a causa dell'inquinamento provocato dalle industrie locali e dall'eccessivo traffico navale. Un esempio è dato dal lipote, un delfino d'acqua dolce che popolava le acque del fiume Yangtze, dichiarato estinto nel 2006[6], ma avvistato nuovamente il 30 agosto 2007[7]
Gli scienziati della NASA Richard Chao e Benjamin Gross hanno calcolato che la grande massa d'acqua che si accumulerà nella diga a un'altezza superiore rispetto a quella precedente, causerà una diminuzione della velocità di rotazione della terra, e quindi ad un allungamento della durata del giorno, seppur di un valore infinitesimale stimato in 60 miliardesimi di secondo[8]. La cifra teorica di un 60 miliardesimo di secondo, però, si deriva solamente dal calcolo del momento angolare. In paragone agli spostamenti di massa nelle correnti oceaniche e nell'atmosfera, questo valore è trascurabile. Quindi anche un eventuale effetto negativo sulla rotazione del pianeta basato sull'accumulazione d'acqua in questo lago non è misurabile (F. Ossing, GFZ[9]).


giovedì 24 marzo 2016

Si o no alle trivelle, cosa sapere per votare al referendum

ROMA - Il 17 aprile si voterà sulle trivelle. Il referendum è stato voluto da 9 Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto) preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo di un maggiore sfruttamento degli idrocarburi. Non propone un alt immediato né generalizzato. Chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. Come è accaduto per altri referendum, il quesito appare di portata limitata ma il significato della consultazione popolare è più ampio: in gioco ci sono il rapporto tra energia e territorio, il ruolo dei combustibili fossili, il futuro del referendum come strumento di democrazia. La domanda che si troverà stampata sulle schede è "Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c'è ancora gas o petrolio?" Dunque chi vuole - in prospettiva - eliminare le trivelle dai mari italiani deve votare sì, chi vuole che le trivelle restino senza una scadenza deve votare no. I due schieramenti sono rappresentate da comitati. Da una parte c'è il Comitato Vota sì per fermare le trivelle "Il petrolio è scaduto: cambia energia!") a cui hanno aderito oltre 160 associazioni (dall'Arci alla Fiom, da quasi tutte le associazioni ambientaliste a quelle dei consumatori, dal Touring Club all'alleanza cooperative della pesca). Dall'altra un gruppo che si definisce "ottimisti e razionali" e comprende nuclearisti convinti come Gianfranco Borghini (presidente del comitato) e Chicco Testa, il presidente di Nomisma energia Davide Tabarelli, la presidente degli Amici della Terra Rosa Filippini. Ecco, punto per punto, le ragioni dei due schieramenti. Quanto petrolio è in gioco? Le ragioni del sì Secondo i calcoli di Legambiente, elaborati su dati del ministero dello Sviluppo economico, le piattaforme soggette a referendum coprono meno dell'1% del fabbisogno nazionale di petrolio e il 3% di quello di gas. Se le riserve marine di petrolio venissero usate per coprire l'intero fabbisogno nazionale, durerebbero meno di due mesi. Le ragioni del no Secondo i calcoli del Comitato Ottimisti e razionali la produzione italiana di gas e di petrolio - a terra e in mare- copre, rispettivamente, l'11,8% e il 10,3% del nostro fabbisogno. (Visto che questo dato comprende anche le piattaforme che non rischiano la chiusura perché non sono oggetto di referendum, su questo punto le stime dei due schieramenti non si allontanano: l'85% del petrolio italiano viene dai pozzi a terra, non in discussione, e un terzo di quello estratto in mare viene da una piattaforma oltre le 12 miglia, non in discussione). Qual è l'impatto del petrolio in mare? Le ragioni del sì. A preoccupare non sono solo gli incidenti ma anche le operazioni di routine che provocano un inquinamento di fondo: in mare aperto la densità media del catrame depositato sui nostri fondali raggiunge una densità di 38 milligrammi per metro quadrato: tre volte superiore a quella del Mar dei Sargassi, che è al secondo posto di questa classifica negativa con 10 microgrammi per metro quadrato. Inoltre il mare italiano accanto alle piattaforme estrattive porta l'impronta del petrolio. Due terzi delle piattaforme ha sedimenti con un inquinamento oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. I dati sono stati forniti da Greenpeace e vengono da una fonte ufficiale, il ministero dell'Ambiente: si riferiscono a monitoraggi effettuati da Ispra, un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del ministero dell'Ambiente, su committenza di Eni, proprietaria delle piattaforme oggetto di indagine. Le ragioni del no L'estrazione di gas è sicura. C'è un controllo costante dell'Ispra, dell'Istituto Nazionale di geofisica, di quello di geologia e di quello di oceanografia. C'è il controllo delle Capitanerie di porto, delle Usl e delle Asl nonché quello dell'Istituto superiore di Sanità e dei ministeri competenti. Mai sono stati segnalati incidenti o pericoli di un qualche rilievo. Il gas non danneggia l'ambiente, le piattaforme sono aree di ripopolamento ittico. I limiti presi a riferimento per le sostanze oggetto di monitoraggio e riportati nel rapporto di Greenpeace non sono limiti di legge applicabili alle attività offshore di produzione del gas metano. Valgono per corpi idrici superficiali (laghi, fiumi, acque di transizione, acque marine costiere distanti 1 miglio dalla costa) e in corpi idrici sotterranei. Fermando le trivelle perdiamo una risorsa preziosa? Le ragioni del sì Dopo il rilascio della concessione gli idrocarburi diventano proprietà di chi li estrae. Per le attività in mare la società petrolifera è tenuta a versare alle casse dello Stato il 7% del valore del petrolio e il 10% di quello del gas. Dunque: il 90-93% degli idrocarburi estratti può essere portato via e venduto altrove. Inoltre le società petrolifere godono di un sistema di agevolazioni e incentivi fiscali tra i più favorevoli al mondo. I posti di lavoro immediatamente a rischio (calo del turismo, diminuzione dell'appeal della bellezza del paese) sono molti di più di quelli che nel corso dei prossimi decenni si perderebbero man mano che scadono le licenze. Le ragioni del no L'industria del petrolio e del gas è solida. Il contributo versato alle casse dello Stato è rilevante: 800 milioni di tasse, 400 di royalties e concessioni. Le attività legate all'estrazione danno lavoro diretto a più di 10.000 persone. Non fermando le trivelle perdiamo una risorsa preziosa? Le ragioni del sì Sì, perché le trivelle mettono a rischio la vera ricchezza del Paese: il turismo, che contribuisce ogni anno a circa il 10% del Pil nazionale, dà lavoro a quasi 3 milioni di persone, per un fatturato di 160 miliardi di euro; la pesca, che produce il 2,5% del Pil e dà lavoro a quasi 350.000 persone; il patrimonio culturale, che vale il 5,4% del Pil e dà lavoro a 1 milione e 400.000 persone. Le ragioni del no L'attività estrattiva del gas metano non danneggia in alcun modo il turismo e le altre attività. Il 50% del gas viene dalle piattaforme che si trovano nell'alto Adriatico; nessuna delle numerose località balneari e artistiche, a cominciare dalla splendida Ravenna, ha lamentato danni. Insistere sulle trivelle è compatibile con gli impegni a difesa del clima? Le ragioni del sì Alla conferenza sul clima di Parigi 194 Paesi si sono impegnati a mantenere l'aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi. Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile un taglio radicale e rapido dell'uso dei combustibili fossili. Per mettere il mondo al riparo dalla crescita di disastri meteo come alluvioni, uragani e siccità prolungate, due terzi delle riserve di combustibili fossili dovranno restare sotto terra. In questo quadro investire sul petrolio potrebbe rivelarsi un azzardo economico. Le ragioni del no Il futuro sarà delle rinnovabili, ma vanno integrate perché la loro affidabilità è limitata. Sole, acqua e vento non sono elementi che possiamo "gestire" a nostro piacimento. Non siamo pertanto in grado di prevedere quanta energia elettrica sarà, in un dato periodo, prodotta dal fotovoltaico, dall'eolico o dalle centrali idroelettriche. E quindi, senza i combustibili fossili, non possiamo programmare liberamente i nostri consumi, come siamo abituati e talvolta obbligati a fare. I referendum servono? Le ragioni del sì "Si deve comunque andare a votare - afferma il presidente della Camera Laura Boldrini - perché il referendum é un esercizio importante di democrazia, tanto più quando i cittadini sono chiamati ad esprimersi senza filtri. Il mio è un invito al voto. Dopodiché ognuno vota come ritiene più opportuno". Le ragioni del no Diciamo agli italiani: "Non andate a votare, non tirate la volata a chi vuole soltanto distruggere". E quanto costano? Le ragioni del sì Il mancato abbinamento alle imminenti elezioni amministrative, deciso per rendere più difficile il raggiungimento del quorum, ha comportato uno spreco di oltre 360 milioni - l'equivalente degli introiti annuali dalle royalties dalle trivellazioni attualmente presenti nel Paese. Le ragioni del no Questo referendum non ha senso e non si doveva fare: è uno spreco di 400 milioni. articolo web dell'Espresso del 21/3/2016

martedì 22 marzo 2016

Breve storia della carta

Le prime iscrizioni di cui si ha notizia risalgono a 4.000 anni prima di Cristo e sono quelle su pietra, su tavolette di argilla e legno. Da allora il supporto di scrittura ha subito la seguente evoluzione:

Il papiro in Egitto, sin dal 3000 a.C, fu il supporto scrittorio più comune. Il midollo della omonima pianta veniva tagliato in strisce sottili che, sovrapposte in due strati perpendicolari, asciugandosi formavano un foglio con un lato a strisce orizzontali ed un lato a strisce verticali. Con il III secolo d.C. il papiro venne sostituito dalla pergamena.

La pergamena fu il supporto di scrittura dal III secolo d.C. ottenuto dalla pelle di agnello, pecora o capra, che, dopo essere rimasta a macerare nella calce, veniva poi seccata e levigata.
Con il XIII secolo venne definitivamente sostituita dalla carta ed attualmente viene prevalentemente usata solo per rilegature di lusso e paralumi.
La carta è un foglio ottenuto dalla feltratura di un impasto di fibre di varia natura. Viene utilizzata oltre che per scrivere anche per avvolgere e per usi industriali.
I Cinesi per primi utilizzarono i bozzoli del baco da seta come fibra per ottenere dei fogli; e già dal II secolo d.C. utilizzarono la scorza del gelso, gli steli del bambù, le fibre di ramiè ricavate dal china-grass, la canapa. L'uso della carta si diffuse a partire dall'VIII secolo in Asia Minore; successivamente in Africa e Spagna e con il XIII secolo in tutta Europa. Con l'impiego della gelatina animale la carta risultava resistente ai liquidi e quindi permetteva la scrittura.
I cascami dell'industria tessile e gli stracci continuarono ad essere la materia prima.
Con il XVII secolo e l'introduzione del cilindro olandese, le cui lame metalliche riducevano gli stracci in poltiglia, la preparazione dell'impasto divenne più rapida, non necessitando più di lunghi tempi di macerazione. Nell'800 con l'invenzione della macchina piana per carta ideata da L. N. Robert e della macchina in tondo ideata da M. Leistenschneider iniziò la produzione industriale della carta. Ricavate dal legno furono le materie prime che col tempo presero il posto degli stracci: la pasta di legno meccanica, ottenuta sfibrando il legno delle latifoglie con delle mole di pietra; la pasta chimica, o comunemente detta cellulosa, ottenuta dalla cottura del legno delle conifere con soluzioni di bisolfito di calcio o solfato.
La carta riciclata è la carta prodotta con maceri, refili di stampa, resi di giornali o riviste, scatoloni o cartonaggi in genere ecc., cioè senza l'utilizzo di pasta di legno o cellulosa vergini.
L'impiego, ove possibile, di queste materie prime derivanti da prodotti cartari già utilizzati permette di limitare l'utilizzo di materie prime derivanti dal legno ai soli usi in cui è richiesta una migliore qualità, una maggiore resistenza della carta o un migliore grado di bianco.
Diminuendo la necessità di legno, si evita un ulteriore disboscamento, salvaguardando in tal modo gli eco-equilibri, ed inoltre, il riutilizzo dei maceri limita il ricorso allo smaltimento degli stessi nelle discariche, con intuibili risparmi economici per la collettività.
La carta riciclata può venire anche disinchiostrata. In questo modo si raggiunge un miglior grado di bianco utilizzando anche carta da giornale stampata.
Carta ecologica è la carta, di cellulosa o riciclata, per la cui produzione si è limitato al massimo il danno eco-ambientale e si sono ridotti il più possibile i consumi di acqua ed energia.
Le cellulose devono essere prodotte con legnami per i quali si è provveduto ad un regolare e costante rimboschimento. Il processo di sbiancamento deve essere effettuato con procedimenti e prodotti che non danneggiano l'ambiente. Si evita l'utilizzo del cloro a favore dell'ossigeno e si evita che alcun prodotto dannoso vada disperso al di fuori dei circuiti interni della cartiera.
Per le carte riciclate si preferisce la disinchiostrazione all'utilizzo di sbiancanti ottici, e gli inchiostri e le eventuali impurità eliminate devono essere stoccati per venire loro stessi poi riutilizzati per altri usi. Le stesse carte prodotte con l'utilizzo di rifiuti organici di difficile smaltimento, come le alghe, che in alcuni mari si sviluppano in modo eccessivo, possono dare un valido contributo all'ecologia.


Da Fabbriano Il Museo della carta